In questa guida spieghiamo chi deve pagare la Tasi in caso di contratto di locazione.
La Tasi è la tassa sui servizi indivisibili, nata nel 2013 dal disfacimento della ex IMU, l’imposta municipale unica gravante sugli immobili, ma rispetto alla quale non si configura quale semplice erede, presentando differenze sostanziali di impostazione.
Indice
Caratteristiche Tasi
Come indica la stessa denominazione, per tassa sui servizi indivisibili si intende un contributo parziale che il contribuente è chiamato a versare per il pagamento di quei servizi erogati dai comuni e il cui costo non può essere sostenuto dai cittadini in base all’uso effettivo, trattandosi di beni e servizi goduti dall’insieme della collettività. Si pensi all’illuminazione pubblica, che indipendentemente dal fatto che un cittadino ne usufruisca o meno in una determinata strada o quartiere, è di fatto a disposizione di tutti senza possibilità di esclusione. Non esiste quindi un criterio oggettivo per ripartire questi costi tra i contribuenti. In teoria si potrebbe semplicemente suddividere gli oneri in modo perfettamente eguale tra i residenti di un comune, ma la soluzione sarebbe iniqua da un punto di vista sociale, perché ricchi e poveri pagherebbero esattamente la stessa somma per il medesimo servizio.
La Tasi cerca di risolvere questo dilemma, nonostante non possiamo certamente affermare che la soluzione individuata dal legislatore sia stata tra le migliori. Il criterio trovato è il seguente. parte dei costi indivisibili sostenuti dagli enti locali viene ripartita tra i contribuenti residenti sulla base della rendita catastale degli immobili posseduti. Già questo ci indica che il godimento del servizio è qui del tutto sganciato dal criterio con cui esso viene pagato.
Tasi e Contratto di Locazione
C’è una grande differenza con l’ex IMU, mentre quella era sostenuta dal proprietario dell’immobile, qui si rende possibile il contributo anche dell’inquilino o di colui che ne dispone in comodato d’uso.
Con la Legge di Stabilità del 2016 la quota riguardante la Tasi dovuta dall’affittuario è stata modificata. Dal primo gennaio dello stesso anno, se l’immobile viene dato in affitto a un soggetto che lo destina ad abitazione principale, la quota è interamente a carico del proprietario.
In caso contrario, la somma che l’inquilino deve versare può oscillare tra il 10% e il 30% a seconda della percentuale che è stata decisa dal Comune. Nella pratica, molti Comuni hanno abbassato la quota a circa il 10%. Questo spostamento del carico fiscale sul proprietario è frutto della consapevolezza degli amministratori locali dell’impatto che una tale misura sta avendo sui contribuenti, specie su quanti con l’ex IMU non erano tenuti al pagamento dell’imposta.
L’aggravio è spesso del tutto azzerato, se si considera che la maggioranza dei comuni esenta il contribuente dal pagamento della Tasi, nel caso in cui l’importo dovuto sia inferiore a 12 euro. Dunque, se ipotizziamo che un comune carica gli inquilini residenti solo per il 10% dell’importo complessivo, per fare in modo che questi contribuiscano è necessario che la Tasi risulti essere almeno pari a 120 euro.
Tra proprietario e inquilino non esiste alcuna solidarietà passiva, nel senso che se l’inquilino non paga la sua quota, se spettante, il primo non è tenuto al versamento in solido. Ogni soggetto resta obbligato limitatamente alla sua parte. Al contrario, quando risultano proprietari dell’immobile più soggetti, questi restano obbligati in solido tra di loro, nel senso che se uno non paga la sua quota, fissata in percentuale della proprietà detenuta, gli altri dovranno farlo in sua vece, salvo avere diritto di rivalersi sull’inadempiente.
Anche il comodatario è tenuto a partecipare al pagamento della Tasi, con l’esclusione di due fattispecie, quando il comodante è il genitore e il comodatario è il figlio, limitatamente alla rendita catastale fino al valore di 500 euro, e quando il nucleo familiare del comodatario ha un reddito Isee non superiore a 15.000 euro.
Le differenze tra comune e comune possono essere consistenti. Si consiglia, pertanto, di affidarsi a un Caf o di seguire gli aggiornamenti sul sito del comune, in modo da verificare le modalità di calcolo nello specifico della Tasi, le cui aliquote variano a seconda che si tratti di prima o seconda casa o di altra tipologia di immobile.
Nel caso di una prima casa, l’aliquota applicata è generalmente molto inferiore a quella deliberata per le seconde abitazioni, così come possono essere previste detrazioni, che in molti casi sono legate al numero dei componenti del nucleo familiare, in altri possono essere fisse. In ogni caso, l’importo finale viene abbattuto.
In genere, è possibile procedere al calcolo sul sito del comune, dal quale potrà essere scaricato il modello F24, che servirà per effettuare il pagamento alle poste.
Il calcolo deve essere eseguito, nel caso di comproprietà, tenendo in considerazione la percentuale di proprietà di ciascuno, anche se si tratta di 2 coniugi. Infine, fare attenzione alle percentuali previste a carico degli inquilini e all’importo minimo accettato come versamento.