Contratti di Locazione

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Rivalutazione Canone di Locazione – Calcolo e Guida

Aggiornato il 16 Ottobre 2024 da Roberto Rossi

In questa guida spieghiamo in cosa consiste la rivalutazione del canone di locazione e come si calcola.

Quando si parla di canone di locazione, su è soliti fare riferimento all’aggiornamento del canone secondo gli indici Istat. Questo succede perché i contratti di locazione prevedono il pagamento di un canone e la somma concordata nel momento in cui è stato stipulato il contratto di locazione ha un valore che tende a diminuire nel corso degli anni a causa dell’inflazione. Di conseguenza, ogni anno il canone di locazione deve essere aggiornato in base al tasso di inflazione indicato dall’Istat, Istituto Nazionale di Statistica. L’Istat, infatti, pubblica mensilmente l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati aggiornato. Questo indice viene utilizzato per la rivalutazione dei canoni d’affitto. Le modalità di rivalutazione cambiano, però, a seconda del tipo di contratto di locazione.

Rivalutazione Istat nei Contratti a Canone Libero

Per i contratti di locazione ad uso abitativo a canone libero, conosciuti anche come contratti di locazione 4+4, non è presente una legge che stabilisca l’applicazione della rivalutazione Istat.
La conseguenza è che le parti sono libere di stabilire le modalità dell’aggiornamento Istat all’interno del contratto che stipulano.

Nel caso in cui il contratto di locazione preveda un aggiornamento del canone a richiesta, il locatore ha l’obbligo comunicare al conduttore la rivalutazione della locazione. Se il locatore non chiede al conduttore i canoni rivalutati, non può chiedere il pagamento gli arretrati. Può solo calcolare il nuovo canone tenendo conto degli aggiornamenti intervenuti a partire dalla data di stipula del contratto.
Se il contratto di locazione prevede l’aggiornamento automatico del canone, il locatore ha diritto alla rivalutazione anche se non comunica la richiesta.

Rivalutazione Istat nei Contratti a Canone Concordato

Nei contratti a canone concordato, conosciuti anche come contratti di locazione 3+2, il canone è determinato dagli accordi tra le associazioni dei proprietari e quelle degli inquilini.
La rivalutazione, per questo tipo di contratti, deve essere prevista dall’accordo tra le associazioni e non può superare il 75% dell’indice Istat.

Ricordiamo, inoltre, che i locatori che scelgono il regime della cedolare secca rinunciano agli aggiornamenti dei canoni di locazione, compresa la rivalutazione in base agli indici Istat.

Rivalutazione Istat nei Contratti di Locazione Commerciale

Per quanto riguarda i contratti di locazione commerciale, la rivalutazione del canone di locazione deve essere prevista nel contratto di locazione e non può superare il 75% dell’indice Istat, come previsto dall’articolo 32 della L. 392/1978, aggiornato dall’art. 1 della L. 118/1985.

Inoltre, è sempre necessaria la richiesta di aggiornamento da parte del locatore. Questo significa che il locatore può pretendere il canone aggiornato solo nel momento in cui invia la richiesta. Se in passato non ha inviato tale richiesta, il locatore non ha diritto al pagamento degli arretrati.

Calcolo della Rivalutazione Istat

Per calcolare l’adeguamento ISTAT del canone di affitto, si utilizza l’Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, FOI, al netto dei tabacchi, riferendosi al mese precedente alla scadenza annuale del contratto.
L’adeguamento, come anticipato, varia in base alla tipologia di locazione, come indicato dalla legge 392/78 (articolo 32)
-Per i contratti di locazione a uso abitativo (ad esempio 4+4), l’adeguamento può essere applicato fino al 100% dell’incremento dell’indice FOI.
-Per le locazioni commerciali (ad esempio 6+6), l’adeguamento può arrivare fino al 75% dell’incremento dell’indice FOI.

La formula per calcolare l’adeguamento ISTAT è
Canone d’affitto × Indice FOI × Percentuale di rivalutazione
Il risultato fornisce il nuovo canone annuo rivalutato, che può essere diviso per 12 per ottenere la rata mensile aggiornata. La rivalutazione può comportare sia un aumento che una diminuzione del canone, anche se le oscillazioni sono generalmente moderate. Però, eventi economici rilevanti, come crisi economiche o alta inflazione, possono causare variazioni più significative.

Immaginiamo, per esempio, che il nostro contratto abbia avuto inizio nel mese di ottobre del 2018 e di essere nel mese di ottobre del 2019. La rivalutazione si ottiene dalla differenza rispetto agli indici. Nel caso specifico, ipotizziamo che l’indice fosse pari a 106,6 nell’ottobre del 2018 e che sia pari a 107,3 nell’ottobre del 2019. La differenza è, quindi, di 107,3 – 106,6, cioè 0,7%.
Bisogna vedere adesso a quale percentuale di rivalutazione si ha diritto. Verifichiamo caso per caso.
Un proprietario affitta un immobile a scopo abitativo per un canone mensile di 400 euro con il contratto del tipo 4+4. Tenendo presenti i dati di cui sopra, egli avrebbe diritto dopo un anno a una rivalutazione integrale dello 0,7%. Per cui, il canone rivalutato sarà pari ogni mese a 400 x 1,007 = 402,80 euro.
Ipotizziamo, invece, che il contratto sia del tipo 3+2, per cui il proprietario ha diritto a una rivalutazione del 75% dello 0,7%. Alla fine, il canone potrà essere aumentato dello 0,07 x 0,75 = 0,525%, per cui sarà pari a 400 x 1,00525 = 402,10 euro.

La rivalutazione Istat del canone di locazione è quindi un elemento importante da considerare quando si stipula un contratto.

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Contratto Preliminare di Locazione Word e PDF – Fac Simile

Aggiornato il 15 Ottobre 2024 da Roberto Rossi

In questa guida spieghiamo come funziona il contratto preliminare di locazione e mettiamo a disposizione un fac simile contratto preliminare di locazione Word e PDF editabile da scaricare.

Come Funziona il Contratto Preliminare di Locazione

Il contratto preliminare è un accordo in cui le parti si impegnano reciprocamente a stipulare, in un momento successivo, un contratto definitivo che sostituirà integralmente il preliminare. Questo contratto preliminare crea per entrambe le parti un obbligo di prestare il proprio consenso alla futura stipulazione del contratto definitivo. Quando quest’ultimo viene concluso, il preliminare cessa di avere effetti, poiché viene completamente assorbito dal contratto definitivo.

Il preliminare di locazione è quindi un accordo attraverso il quale le parti stabiliscono di sottoscrivere, a una data futura, un contratto definitivo di locazione. Da un lato vi è il promittente locatore, solitamente il proprietario dell’immobile, e dall’altro il promissario conduttore, ossia colui che desidera prendere in affitto l’immobile. Con il preliminare, le parti fissano una data entro la quale l’accordo di locazione verrà formalizzato e si impegnano a prestare il loro consenso alla scadenza del termine. Il preliminare di locazione può contenere tutte le condizioni chiave del futuro contratto, come la durata della locazione, l’importo del canone, eventuali obblighi di manutenzione, e altre clausole specifiche, delineando così chiaramente i termini che regoleranno il rapporto di affitto. Questo strumento è particolarmente utile per garantire entrambe le parti, fissando già in anticipo tutte le condizioni rilevanti che verranno applicate nel futuro contratto definitivo.

Preliminare di Locazione e Caparra

Analogamente ad altri preliminari, anche quello per la locazione prevede la corresponsione di due tipi di caparra, versata dal promettente o dal promissorio, di cui il danneggiato può godere nel caso che l’altra parte non voglia concludere l’accordo. Parliamo della caparra confirmatoria e di quella penitenziale. La prima è prevista dall’art.1385 del Codice Civile e consente alla parte che l’ha ricevuta di trattenerla nel caso in cui l’altra parte non voglia concludere il contratto, fermo restando che la parte non inadempiente può restituire la somma, chiedendo che l’altra rispetti il preliminare di locazione, adendo le vie giudiziarie.

Diversa è la caparra penitenziale, prevista dall’art.1386 c.c., in qualità di penale garantita nel caso in cui sia consentita la rinuncia alla risoluzione del contratto. La somma viene restituita alla firma del contratto.

Forma e Registrazione del Preliminare di Locazione

L’art.1351 c.c. recita che il preliminare è nullo, se non stipulato nella stessa forma del contratto definitivo. Visto che il contratto di locazione deve essere stipulato in forma scritta, le stesse caratteristiche deve avere anche il preliminare di locazione, che non può aversi verbalmente.

La registrazione del preliminare di locazione non è invece obbligatoria, anche se il D.P.R. n. 131 del 1986 prevede la registrazione di tutti tipi di contratto preliminare. La Corte di Cassazione ha dato infatti un’interpretazione diversa dell’articolo 1 della Legge n. 311 del 2004, ritenendo la registrazione necessaria solo per il contratto definitivo.

In particolare, il 27 gennaio 2017, con la Sentenza n. 2037, la Corte di Cassazione Civile ha stabilito che la registrazione è obbligatoria solo per il contratto di locazione definitivo e non per il contratto preliminare di locazione.

Inadempimento Contratto Preliminare di Locazione

In caso di inadempimento del preliminare di locazione, il promittente locatore (colui che si è impegnato a concedere l’immobile in locazione) ha due soluzioni tra cui scegliere
-Richiedere la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento, ottenendo contestualmente un risarcimento per i danni subiti
-Richiedere al giudice l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, ottenendo una sentenza che produce gli effetti del contratto di locazione definitivo non concluso.

Con la risoluzione, il promittente locatore si libera dall’obbligo di stipulare il contratto definitivo e può ottenere un risarcimento per l’inadempimento della controparte. In questo caso, il locatore può ritenersi svincolato dall’accordo preliminare e richiedere il rimborso per eventuali danni, come mancati guadagni o spese sostenute.
In alternativa, il locatore può rivolgersi al giudice per ottenere una sentenza costitutiva degli effetti del contratto definitivo, sostituendo così il consenso del conduttore inadempiente con la decisione giudiziale. Questo rimedio, noto come esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, consente al locatore di far valere il contratto di locazione con tutti gli effetti pattuiti, come se fosse stato formalmente sottoscritto.
La Corte di Cassazione ha affermato che l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto è applicabile anche al contratto preliminare di locazione, purché sia chiaramente richiesta dal locatore come mezzo per ottenere la costituzione del contratto non concluso.

Se il locatore sceglie di richiedere la risoluzione del preliminare, può anche richiedere un risarcimento per l’utilità economica persa a causa della mancata stipulazione del contratto definitivo. Secondo la Corte di Cassazione, il risarcimento va a compensare il locatore per il danno derivato dal mancato affitto dell’immobile.
Questo risarcimento è comunemente stabilito in misura pari a sei mensilità del canone concordato, considerato il tempo necessario per trovare un nuovo inquilino, e comprende anche la provvigione eventualmente pagata al mediatore per la locazione.
È irrilevante, inoltre, che il locatore riesca a riaffittare l’immobile a un prezzo inferiore, poiché tale circostanza è ritenuta una conseguenza del mercato e non incide sul diritto al risarcimento.

Fac Simile Contratto Preliminare di Locazione Word

Il fac simile di contratto preliminare di locazione Word presente in questa pagina può essere scaricato e modificato in base alle proprie esigenze.

Il modello preliminare di locazione può quindi essere utilizzato come esempio, inserendo i dati delle parti coinvolte, quelli dell’immobile e aggiungendo eventuali clausole.

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Fac Simile Contratto Preliminare di Locazione Word
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Modello Contratto Preliminare di Locazione PDF Editabile

Il fac simile contratto preliminare di locazione PDF editabile può essere scaricato e compilato con i dati mancanti.

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Contratto Preliminare di Locazione
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Filed Under: Guide, Modelli e Fac Simile

Mancata Registrazione del Contratto di Locazione – Sanzioni

Aggiornato il 15 Ottobre 2024 da Roberto Rossi

In questa guida spieghiamo quali sono le conseguenze della mancata registrazione del contratto di locazione.

Molti proprietari di seconde case si chiedono spesso se sia per loro conveniente o meno registrare il contratto di locazione, confidando magari nel fatto che l’inquilino sia un conoscente o una persona apparentemente affidabile, che mai lo denuncerebbe. L’introduzione della cedolare secca quale sistema di tassazione dei redditi provenienti dalla locazione degli immobili è avvenuta proprio per eliminare o almeno contenere in modo apprezzabile il numero dei locatori che non registrano il contratto di locazione. Per quanto si siano avvertiti miglioramenti, la situazione non è mutata nel senso radicale sperato dal legislatore, tanto che sono state anche potenziate le sanzioni a cui il proprietario va incontro nel caso in cui si scopra che ha locato un immobiliare in nero.

Conseguenze della Mancata Registrazione del Contratto di Locazione

La prima conseguenza della mancata registrazione del contratto di locazione è la sua nullità, proprio perché l’atto serve a fare valere i diritti e i doveri delle parti.

Questo è indicato chiaramente nell’articolo 1 comma 346 della Legge 30 dicembre 2004, n. 311, in cui si afferma che I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.

La nullità derivante dalla mancata registrazione viene corretta con la successiva registrazione del contratto da parte del locatore o del conduttore. Questo significa che la tardiva registrazione del contratto di locazione da parte di uno dei due contraenti ha l’effetto di eliminare il vizio di invalidità di cui il contratto era affetto rendendolo valido.

C’è un altro aspetto particolarmente punitivo per i proprietari che affittano un immobile a scopo abitativo in nero, senza dichiararlo. L’art.3, comma 8 del D.Lgs. 23 del 2011 dispone, infatti, che l’inquilino che denuncia l’omessa registrazione del contratto avrà diritto per tutto il periodo residuo del contratto medesimo a un canone pari a sole tre volte la rendita catastale dell’immobile, rivalutato annualmente del 75% rispetto all’indice di variazione dei prezzi al consumo.

Pensate, quindi, a un proprietario che non ha registrato dopo 2 mesi il contratto di locazione di un immobile con rendita catastale pari a 400 euro, che affitta a un inquilino per 350 euro mensili. Egli sarà costretto per tutta la durata del contratto, ossia per i 4 anni seguenti, più per i successivi 4 anni dopo il rinnovo, a locare l’immobile per soli 1.200 euro all’anno, vale a dire per 100 euro al mese per i primi 12 mesi, rivalutando l’importo del 75% del tasso d’inflazione secondo l’Istat. In sostanza, la sua furbizia gli sarà costata qualche decina di migliaia di euro negli anni di minori canoni riscossi, oltre alle sanzioni comminate dal Fisco.

Vero è che l’inquilino dovrà anche dimostrare l’esistenza del rapporto tra le parti, ma bastano prove semplici da esibire, come il versamento di uno o più canoni tramite assegno o bonifico bancario o altro pagamento tracciabile, una qualche testimonianza o un documento scritto per incastrare il proprietario.

C’è poi un’altra conseguenza da considerare in caso di contratto di locazione verbale e, quindi, non registrato. In questo caso, visto che la legge impone la forma scritta per la validità del contratto di locazione, la mancanza di questa impedisce al proprietario di ricorrere alla speciale procedura di sfratto per morosità dell’immobile da parte dell’inquilino moroso. Questo significa che il proprietario potrà ottenere la liberazione dell’immobile locato solo con un ordinario procedimento diretto ad accertare la occupazione abusiva dell’immobile.

Sanzioni per Mancata Registrazione del Contratto di Locazione

La mancata registrazione di un contratto di locazione comporta significative conseguenze per entrambe le parti coinvolte. In primo luogo, è essenziale ricordare che l’Agenzia delle Entrate, responsabile della riscossione, può effettuare un accertamento fiscale nei confronti del contribuente, che può includere anche controlli diretti sui conti correnti. Inoltre, l’omessa registrazione non solleva le parti dall’obbligo di pagamento dell’imposta di registro, che resta una responsabilità solidale e, quindi, ripartita tra proprietario e conduttore.

Ai sensi dell’articolo 69 del D.P.R. n.131/1986, l’omessa registrazione del contratto di locazione è soggetta a una sanzione rilevante, compresa tra il 120% e il 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di 200 euro. Però, se il ritardo nella registrazione non supera i 30 giorni, la sanzione è ridotta al 60%-120%. Quanto all’omesso versamento dell’Irpef, la responsabilità ricade esclusivamente sul locatore, il quale può essere soggetto a un accertamento fiscale fino a cinque anni dopo l’anno in cui avrebbe dovuto presentare la dichiarazione dei redditi.

Registrazione Tardiva di un Contratto di Locazione

Può accadere che, nonostante il termine legale per la registrazione di un contratto di locazione sia scaduto, entrambe le parti,  o solo una di esse, decidano di adempiere comunque all’obbligo in un momento successivo. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34156 del 20 dicembre 2019, ha chiarito che la registrazione posticipata del contratto di locazione annulla la nullità assoluta prevista dall’articolo 1, comma 346, della legge n. 311/2004.

Prima di questa sentenza, le Sezioni Unite della Corte, con la pronuncia n. 23601/2017, avevano già dichiarato ammissibile la registrazione tardiva con effetto sanante retroattivo. Di conseguenza, l’inquilino, una volta effettuata la registrazione, è protetto da azioni di rilascio del proprietario e può beneficiare della durata del contratto originariamente concordata.

La sentenza n. 34156 del 2019 va oltre, posizionandosi in un contesto di contrasto all’evasione fiscale. Infatti, la Corte ha affermato che la registrazione tardiva ha sempre un effetto sanante, eliminando così la nullità che deriverebbe dall’omessa registrazione. Questo nonostante l’articolo 1423 del Codice Civile, che vieta la convalida dei contratti nulli, e l’articolo 1, comma 346 della legge 311/2004, che non prevede esplicitamente una sanatoria per la nullità derivante dalla mancata registrazione.

La Corte ha basato la sua decisione su due principi chiave
-Le norme tributarie consentono la sanatoria della nullità anche se la registrazione è tardiva.
-La mancata registrazione genera una nullità impropria” derivante dall’inadempimento di un’attività esterna al contratto stesso e non da un vizio strutturale. Il contratto, pertanto, è considerato formalmente valido e perfettamente efficace.
La pronuncia del 2019 conferma quanto già ribadito in precedenti decisioni (n. 23601/2017, n. 10498/2017, n. 20858/2017 e n. 26912/2018), stabilizzando gli effetti del contratto a tutela delle parti coinvolte. La Corte non ha solo tutelato il conduttore, considerato la parte più vulnerabile, ma ha anche garantito un interesse di rilevanza pubblica, ossia il pagamento delle imposte dovute. Questa interpretazione assicura che il fisco possa beneficiare del gettito derivante dalla regolarizzazione del contratto di locazione, rafforzando così l’obiettivo di tutela erariale e favorendo un sistema di locazioni più trasparente e corretto.

Se ci si domanda se sia possibile registrare in ritardo un contratto di locazione con opzione per la cedolare secca, la risposta è positiva. La cedolare secca, infatti, consente di beneficiare di vantaggi fiscali, come l’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo e di registro al momento della registrazione. Ma cosa accade in caso di registrazione tardiva di un contratto di locazione abitativa con cedolare secca? In questi casi, è fondamentale comprendere se si applichino delle sanzioni e come queste vengano calcolate.
Normalmente, in un contratto soggetto a cedolare secca, l’imposta di registro e di bollo sono sostituite da un’imposta sostitutiva versata annualmente in sede di dichiarazione dei redditi, analogamente all’Irpef. Però, in caso di registrazione tardiva, il locatore è comunque tenuto a pagare una sanzione amministrativa. La sanzione sarà commisurata all’imposta di registro calcolata sull’importo che sarebbe stato dovuto per l’intera durata del contratto, oltre agli interessi di mora. Questo criterio rispetta quanto stabilito dalla circolare n. 26/E/2011 dell’Agenzia delle Entrate, che permette alla cedolare secca di sostituire l’imposta standard di registrazione.
Il contribuente può inoltre avvalersi del ravvedimento operoso, beneficiando di una riduzione delle sanzioni in proporzione ai giorni di ritardo intercorsi tra la scadenza prevista per la registrazione e la data effettiva della stessa. Grazie a questo istituto, la sanzione può essere ridotta, garantendo un onere amministrativo inferiore in caso di registrazione ritardata.

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Cauzione Affitto

Aggiornato il 10 Gennaio 2023 da Roberto Rossi

In questa guida spieghiamo come funziona la cauzione per il contratto di affitto, o per meglio dire per il contratto di locazione.

Quando il proprietario di un immobile e l’inquilino stipulano un contratto di affitto, il primo è solito richiedere al secondo il deposito di una cauzione, anche detta deposito cauzionale. Si tratta di una somma di denaro che l’inquilino deve versare al proprietario, oltre al canone di locazione per il primo mese. L’art. 11 L. n. 392/1978 che regola le cauzione nel contratto di locazione pone un limite di tre mensilità, sia che si tratti di un immobile locato a scopo abitativo che commerciale e stabilisce che gli interessi legali da questo prodotti debbano essere corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno.

Come Funziona la Cauzione

Come suggerisce la stessa espressione, la cauzione tutela il proprietario o locatore da eventuali danni provocati dall’inquilino e riscontrati alla riconsegna dell’immobile, così come da eventuali inadempimenti contrattuali.

In altre parole, è una somma di denaro, che il proprietario richiede all’inizio del contratto per tutelarsi da eventuali spese accusate per danni provocati dall’inquilino o per altri inadempimenti, come il mancato versamento di una o più mensilità di canone.

Come spiegato in precedenza, la somma da versare a titolo di deposito cauzionale può essere determinata dalle parti entro il limite dei tre canoni di locazione, con esclusione delle spese. Se viene concordato un importo che supera quello delle tre mensilità, la clausola resta valida soltanto fino alla concorrenza dell’importo legale

Restituzione Cauzione

La cauzione va restituita all’inquilino al termine del contratto, sempre che l’immobile risulti privo di danni causati da parte di questo e che siano stati versati tutti i canoni mensili, come da accordo.

In genere, accade che il proprietario di fatto esenta l’inquilino dal pagamento delle ultime mensilità di canone, in modo da scontare la restituzione della cauzione. Per esempio, supponiamo che Tizio abbia concesso un immobile in locazione a Caio per un canone mensile di 500 euro e che abbia preteso all’inizio del contratto il versamento di una cauzione di 1500 euro, pari a tre mensilità, l’importo massimo previsto dalle norme.

Entro sei mesi dal termine del contratto di quattro anni, l’inquilino invia una comunicazione al proprietario, con la quale lo avvisa di non volere rinnovare il contratto alla scadenza pattuita. Il proprietario prende atto della decisione e dopo un’eventuale ispezione presso l’immobile, accertatosi che non siano stati subiti danni e avendo l’inquilino sempre rispettato i termini contrattuali, compenserà gli ultimi tre mesi di canone con la cauzione versata.

Calcolo Interessi Cauzione Affitto

Attenzione, perché la cauzione matura gli interessi legali in favore dell’inquilino che ha effettuato il deposito. Questi gli vanno versati al termine di ogni anno, ma se così non fosse, il proprietario è tenuto a corrisponderli in un’unica soluzione al termine del contratto. Non è possibile sul piano contrattuale derogare a tale previsione normativa. Il legislatore ha inteso così tutelare la posizione dell’inquilino, che si suppone essere la parte contraente debole, il quale versando la cauzione, si è privato per un determinato arco di tempo di denaro, che avrebbe potuto fruttargli interessi.

Nell’esempio sopra riportato, se l’interesse legale è stato fissato per un certo anno dal Ministero di economia e finanze al 2%, il proprietario è tenuto a versare nell’anno specifico all’inquilino 0,02 x 1.500 = 30 euro. Al limite, potrà detrarre la somma dall’ultimo canone mensile di ogni anno, in modo da compensare le prestazioni.

Restituzione Cauzione

Al termine del rapporto contrattuale, il deposito cauzionale deve essere restituito dal locatore al conduttore che lo aveva versato.

Vediamo cosa accade, invece, se il proprietario ritiene di avere diritto a trattenere la cauzione, avendo subito danni per colpa o dolo dell’inquilino. Egli non può ugualmente agire personalmente, dovrà restituire lo stesso la somma alla controparte contrattuale, salvo rivolgersi al giudice, dimostrando di avere diritto alla mancata restituzione. Risulta essere evidente, che se il giudice accertasse che i danni subiti dal proprietario ammontano a un valore superiore a quello della cauzione, la differenza dovrà essere sborsata dall’inquilino. Al contrario, se il danno fosse inferiore alla cauzione versata, la differenza dovrà essere restituita dal proprietario all’inquilino.

Se l’inquilino non ha versato tutti i canoni di locazione, però, la cauzione può essere trattenuta in tutto o in parte a titolo di compensazione.

Se il proprietario non restituisce il deposito cauzionale, l’inquilino può agire sul piano legale, chiedendo al giudice di emettere un decreto ingiuntivo, con cui obbligare la controparte contrattuale per adempiere all’obbligazione. Il termine di prescrizione previsto per la richiesta della restituzione è quello ordinario di dieci anni.

Vediamo cosa accade, poi, se il proprietario, a contratto di locazione in corso, ha rivenduto l’immobile a terzi. L’acquirente, ovvero il nuovo proprietario, dovrà ugualmente restituire la cauzione all’inquilino, nonostante questa sia stata riscossa dal proprietario cedente. Dunque, l’inquilino non perderà il diritto a riappropriarsi della somma di denaro sborsata all’atto di stipulazione del contratto. Certo, il nuovo proprietario potrebbe lamentare di dovere restituire un importo mai riscosso, ma ciò rientra nei suoi rapporti con il precedente proprietario. All’atto della vendita dell’immobile, infatti, la somma corrispondente alla cauzione versata, rappresentando di fatto un debito addossato all’immobile, dovrebbe essere detratta dal prezzo della compravendita. Se il vecchio proprietario ha nascosto il versamento della cauzione da parte dell’inquilino, l’acquirente ha titolo per rivalersi sul venditore, anche se va precisato che il versamento della cauzione risulta dal contratto di locazione, tra i documenti a cui ha accesso chi acquista un immobile.

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